Pubblicato su politicadomani Num 91 - Maggio 2009

Persone che lasciano il segno
Artigianato orafo a Napoli e in Campania:
tra cultura, passione e senso civico


Da Marano di Napoli risponde ad alcune domande Giuseppe Pezzuto. Molto più di un gioielliere; l'appassionato cultore di preziosi è un professionista attento e sensibile nei confronti della categoria e verso i giovani; un modello di leadership discreta ma quanto mai efficace

Il tono è di quelli che ti coinvolgono subito. Diresti che stai parlando con un trentenne entusiasta: del suo lavoro, della storia e dei segreti dell'oro, dell'argento, delle pietre preziose, di un mestiere che con il denaro ha certamente a che fare, ma ha a che fare soprattutto con la bellezza, la creatività e lo stupore. Uno che la voglia di fare e di mettere a disposizione della categoria e specialmente dei giovani le sue conoscenze e le sue capacità, innate e acquisite, ha trasformato da artigiano dei preziosi a professionista riconosciuto, a "mecenate" delle buone cause. Dove questo termine carico di significati va inteso nel senso di dedizione e disponibilità mirate a realizzare eventi e progetti, a tessere relazioni sociali e umane, a coordinare conoscenze ed esigenze proprie degli operatori del settore, a collaborare con le scuole. È in questo modo che si fa "cittadinanza attiva": operando ciascuno nel proprio campo e guardando oltre per intersecarsi e sovrapporsi ad altri campi, lo sport, il decoro della città, la promozione della cultura e dell'arte.
La parabola ascendente di Giuseppe Pezzuto, noto gioielliere (e non solo) di Marano di Napoli nasce dalla sua passione per l'arte, dal suo gusto per il bello, dalla sua capacità di trasmettere interesse ed entusiasmo. Il tutto racchiuso in una figura discreta, sorridente, con appena una punta di timidezza.

QUANDO È INIZIATA QUESTA SUA PASSIONE PER L'ARTE ORAFA E LA GIOIELLERIA?
<<In realtà da ragazzo, durante gli studi ginnasiali che ho fatto in seminario, ero appassionato di arte e pittura. Tornando a Napoli volevo proseguire gli studi in un istituto d'arte, ma i miei genitori mi hanno obbligato ad iscrivermi ad un istituto tecnico professionale: mio padre aveva una attività di orologiaio e aveva deciso di avviarmi nel suo stesso ramo. Non passò molto tempo che mi appassionai anche alle nuove materie: fisica, tecnica, meccanica. Rilevando l'attività di mio padre ho assunto un giovane che ha imparato molto bene a fare l'orologiaio e si è specializzato in questo settore. È stato a quel punto che, lasciato a lui il settore dell'orologeria, io mi sono dedicato alla gioielleria. Nei miei interessi sono entrati l'arte orafa e le pietre preziose che ho studiato in vari corsi e scuole di specializzazione diventando così gemmologo>>.

"Mecenate", dicevamo, con un'attenzione tutta particolare ai giovani e alla loro formazione personale e professionale. Un'attenzione che si traduce in passione e che è il segno di una predisposizione a costruire e a tessere strategie di cittadinanza attiva, oltre che strategie di sviluppo per l'economia locale attraverso l'insegnamento e la conoscenza di un artigianato fondato su creatività, conoscenza e altissima qualità. Un artigianato che affonda le sue radici nella tradizione.

LA GIOIELLERIA È UN'ARTE E ANCHE UN MESTIERE CHE PERÒ SEMBRA LONTANO DAI GIOVANI. LEI CHE RAPPORTO HA CON I GIOVANI?
<<Per rispondere a questa domanda le racconto due cose di cui sono fiero.
Per la mia città, Marano, con due insegnanti della scuola Vittorio Alfieri, per gli alunni delle terze medie, ho organizzato una serie di incontri di studio e di approfondimento, durati circa tre mesi. Lì ho parlato dei metalli preziosi e delle loro caratteristiche; ho parlato delle gemme e delle perle, facendo vedere le differenze fra quelle naturali e quelle artificiali. I ragazzi hanno seguito incantati e alla fine, su trenta, due di loro si sono iscritti alla scuola superiore di arte orafa. Il nostro obiettivo era di diffondere la cultura dell'arte orafa. La scelta dei due ragazzi ha dimostrato che siamo andati ben oltre questo obiettivo.
Con la FOC (la Federazione Orafi Campani) inoltre, con del denaro che ci era rimasto da una iniziativa, abbiamo istituito delle borse di studio per le scuole orafe della Campania: a Napoli per gli Istituti d'Arte "Umberto Boccioni" e "Filippo Palizzi", e a Torre del Greco, nelle tante scuole orafe che fanno della città uno dei poli più importanti per l'oreficeria e la lavorazione del corallo>>.

Nello splendido libro di Marco Vitale "Viaggio nell'economia campana" (Guida Editore, Luglio 2008; 12,00 eu) l'economista indica fra le tante realtà produttive avanzate per conoscenza, tecnologia e capacità di fare aggregazione vincente anche il Tarì e il Centro Oromare di Marcianise (Caserta) e il Borgo Orefici di Napoli. "Il Tari - si legge nel libro di Vitale - è forse il miglior distretto di nuova generazione che io abbia mai visto e si colloca certamente ai vertici mondiali della qualità e della funzionalità nel suo campo. È un luogo dove operatori collegati nella catena del valore di un'attività (nel caso gioielleria e oreficeria) non solo svolgono attività connesse, ma sono raggruppati in una struttura unitaria, anche se articolata, che permette il conseguimento di vere economie di scala (a partire dal limitato consumo di terreno) e la realizzazione di essenziali funzioni e servizi comuni (dalla sicurezza alla formazione, ai servizi amministrativi alle mostre e fiere interne, ai servizi grafici e tipografici, alla ricerca)". "L'esperienza del Tarì è, giustamente, conosciuta ed apprezzata a livello internazionale ed è la dimostrazione che nonostante tutte le sventure che gravano sull'imprenditoria minore e artigianale campana, è possibile, unendo le forze ed avendo una visione, creare un campione, anche a Marcianise, Caserta, Terra di lavoro, rianimando, dando una prospettiva ed, in qualche caso, salvando piccoli ma bravi operatori in sofferenza e contribuendo così a rilanciare una grande tradizione artigianale partenopea".
La descrizione di Marco Vitale della realtà produttiva legata alla oreficeria in Campania è fatta di molti attori, di tante tessere che come un puzzle vanno pazientemente cercate, composte e poi tenute insieme da persone che, in questo senso, sono illuminate e sanno dare la spinta iniziale, mettendosi personalmente in gioco e spendendo gratuitamente tanta della loro energia a favore della collettività. Uno di questi attori è proprio Giuseppe Pezzuto.

LEI È STATO PRESIDENTE DELLA FOC (FEDERAZIONE ORAFI CAMPANI), DI CUI È OGGI IL PRESIDENTE ONORARIO. QUALI INIZIATIVE IMPORTANTI PER LA CATEGORIA E PER LA CITTÀ HA REALIZZATO?
<<Nella FOC ci sono da moltissimo tempo. Ho cominciato dalla gavetta e ho occupato via via tutte le posizioni finché non mi hanno eletto all'unanimità Presidente.
Oltre a fare tutte le piccole cose di carattere amministrativo e organizzativo che fa il Presidente di una federazione ho "inventato" un libro, "L'impresa orafa", che abbiamo distribuito gratis a tutti gli orafi della Campania, circa 3000 orafi e gioiellieri. Nel libro ci sono moltissime informazioni, di carattere storico e culturale, scientifico e tecnico, finanziario, amministrativo e gestionale, che gli artigiani e gli imprenditori del settore spesso non conoscono: è quindi uno strumento utile e importante sia per le conoscenze, sia per i contatti, sia per la conduzione corretta dell'impresa. Con il ricavato delle sponsorizzazioni (42.000 euro messi a disposizione dai grandi fornitori di oro, argenteria e pietre preziose, che naturalmente ci tenevano ad apparire) ho coperto le spese di produzione del libro (30.000 euro) e con il resto ho istituito le borse di studio di cui le parlavo.
Nella città di Napoli, nel 2003, ho organizzato un grande convegno a cui hanno partecipato il mondo universitario, le amministrazioni del Comune e della Regione e la Confcommercio. Il tema era l'economia e il successo è stato tale che un mio collega mi ha chiesto di ripetere il convegno; e infatti, dopo qualche mese, ho organizzato di nuovo il convegno anche a Benevento>>.

Grazie al nostro fotografo (che è amico di Giuseppe Pezzuto), abbiamo in archivio una collezione di splendide immagini di quest'arte dei metalli preziosi, del corallo e delle gemme. È un'arte, una cultura, direi, che fa di Napoli e della regione Campania uno dei luoghi al mondo più importanti sia per la produzione artigianale, sia per il volume degli scambi commerciali, sia per la qualità delle conoscenze in ambito tecnologico, artistico e culturale, sia per la vivacità della organizzazione e la vitalità delle strutture e delle strategie di collegamento a livello locale, nazionale e internazionale. Vivacità che si nutre anche delle innumerevoli mostre di preziosi che hanno luogo nella regione.
La più recente, a Marano, è la mostra di argenti che Giuseppe Pezzuto ha organizzato nella sua gioielleria.

COME È NATA L'IDEA DELLA MOSTRA DI ARGENTI E QUALI ALTRE MOSTRE HA FATTO?
<<Ho sempre cercato di realizzare qualche cosa per la città e per la gente. L'ho fatto perché mi piaceva, senza alcun interesse economico. La prima mostra l'ho organizzata nel 1968 nella sede del centro culturale Eduardo De Filippo: vi erano esposte opere che riproducevano su lastre d'argento pitture di maestri famosi. Ma mi interessava anche la città e nel 1990 ho realizzato, sulla piazza principale di Marano, una mostra dal titolo "Marano ieri e oggi" in cui accanto alle immagini della invasione del cemento nelle strade e nelle piazze della città c'erano le immagini e le pitture della Marano antica.
Un'altra volta ho fatto una "mostra del diamante". Avevo già fatto nel 1978 un corso sui diamanti ma a Marano alcuni professori miei amici mi chiedevano, sottovoce, che differenza c'è fra "diamante" e "brillante". Ho pensato allora che se anche loro non conoscevano questa differenza valeva la pena di farla vedere molto in concreto agli alunni con una mostra. Attraverso una serie di diapositive facevo vedere tutto il processo di vita dei diamanti: dalla formazione, alla estrazione, al taglio, all'uso in oreficeria, in gioielleria e anche all'uso industriale. C'era in quella mostra la tecnologia, la fisica, la storia e perfino l'attualità e la cronaca. Preparata la mostra ho chiesto ai professori se volevano venire a vederla. Sono venuti a gruppi di classi in tutto 1.500 ragazzi. L'interesse è stato tale che poi hanno fatto un tema sui diamanti e ai dodici migliori ho consegnato una medaglia. E quando andavo per strada i ragazzini riconoscendomi dietro le mie spalle dicevano fra loro: "Hai visto, questo è il diamante"; e per almeno due settimane hanno continuato a chiamarmi per chiedere altre spiegazioni. La mostra aveva un tono istituzionale perché vi ho coinvolto anche alcuni amici della Federazione orafi campani e l'allora presidente, uno storico del settore molto famoso a Napoli>>.

Ecco, ancora i giovani che ritornano nei suoi racconti. E allora insistiamo anche noi.

QUALI STRADE SI APRONO AI GIOVANI CHE VOGLIONO IMPARARE L'ARTIGIANATO ORAFO?
<<Una volta, prima che iniziassero le scuole tecniche specializzate, si imparava dal "maestro" che poteva essere un amico di famiglia, l'orafo di fiducia, l'orologiaio: il ragazzo andava lì e imparava piano piano. Poi c'è stata una evoluzione e sono nate le scuole specializzate. Ce ne sono a Napoli, al Tarì di Marcianise, a Caserta, e ci sono anche tanti laboratori famosi che hanno come compito istituzionale di insegnare alle nuove leve di gioiellieri. Perché l'arte del gioielliere e il lavoro di imprenditore gioielliere è una cosa difficile.
C'è molto da fare e si possono raggiungere risultati molto importanti sulla scia della nostra grande tradizione che è famosa in tutto il mondo. Occorrono però volontà e impegno da parte di chi nella oreficeria fa l'artigiano, di chi fa impresa, ma anche da parte della politica>>.

Vero. È in questo modo che il professionista-imprenditore si identifica con il cittadino attivo, e perfino con il leader di provata esperienza e di indiscussa credibilità. Un leader naturale, senza alcuna ostentazione, uno che sa tirarsi indietro (salvo essere poi rimpianto e sollecitato a riprendere il suo ruolo di leader). Uno che più che condividere, incarna quei valori che del Tarì hanno fatto il caso di successo che è diventato, con le sue 370 aziende, 400mila operatori, 800 milioni di euro di fatturato. Valori e valenze che Vitale nel suo Viaggio ha descritto così:
"- il valore dell'unire le forze, pur conservando ciascuno la propria identità, mettendo in comune solo ciò che è utile mettere in comune, in uno schema flessibile e federale;
- il valore determinante della leadership;
- la valenza "pubblica" che può assumere una leadership imprenditoriale che invece di pensare solo alla propria azienda si impegni e si spenda per la categoria;
- l'importanza di una visone e di una corretta strategia che interpreti i bisogni reali e sappia cogliere tempestivamente le opportunità;
- l'importanza di una capacità operativa in grado di tradurre in fatti la visione e la strategia;
- l'importanza del sapere mirare alto e di nutrire l'ossessione della qualità;
- il valore del buon esempio".
(da "Viaggio nell'economia campana", pag. 42)

 

 

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